Michel Tripepi

Ho vissuto in un ambiente artistico: mia madre è una pittrice, come il mio prozio professore dell’accademia di belle arti; in casa si sentiva l'odore degi colori ad olio, in casa si suonava con vari strumenti musicali, c'era chi costruiva violini, chi disegnava o dipingeva, e c'erano stupende macchine fotografiche; i cataloghi d'arte delle gallerie del mondo mi hanno nutrito e National Geografic mi ipnotizzava.
La propensione a trovare una mia espressione nella fotografia si è coagulata attorno ai sedici anni, utilizzando una vecchia macchina fotografica ovviamente analogica, cominciavo a capire come funzionava e dirigere la mia attenzione verso il mondo, poi ho dovuto studiare per sviscerare la tecnica e per capire cosa può uscire dalla fotografia. Successivamente il mio interesse nella pittura è maturato e nel corso del tempo ha influenzato la stessa fotografia. Ho impiegato molto tempo per arrivare al digitale, ma è stata una grande liberazione svelando le sue possibilità e illimitate possibilità.
La mia formazione scientifica mi ha aiutato nella comprensione tecnica di questa arte e in questo percorso che ancora prosegue, e ha influenzato la mia creatività cercando di sviscerare il senso della cattura dello spazio-tempo nello piano bidimensionale dello scatto fotografico. Questa è un'attitudine di ricerca nell'arte che ancora rimane asse della mia produzione artistica. Poi ho cominciato la formazione cinematografica, come operatore della fotografia, ho avuto la possibilità di produrre molti lavori e partecipare nella realizzazione di film d'autore, ampliando il mio immaginario sia nell'illuminazione sia di composizione.
Infine ho intrapreso un percorso di artiterapie, di cui sono diventato formatore proponendo laboratori di conoscenza di sé attraverso la fotografia e non solo, così che mi ha dato la possibilità di toccare aspetti più profondi dell'uomo.