Massimo Panza

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Come si fa a memorizzare le declinazioni del latino?
Marcella | Lezioni di Latino
Ciao, Marcella. I trucchi sono vari, e vanno nelle due direzioni - dal latino verso l'italiano e viceversa: la comparazione tra figli e genitori è sempre utilissima. Partiamo dall'italiano, e, in particolare, dai nostri plurali in -a: le lenzuola, le uova, le calcagna, le ossa, le budella, le interiora, le labbra e così via... Cosa rappresenta quella desinenza? I casi retti del neutro plurale latino. Dove, in italiano, hai un plurale in -a, pensi subito alla derivazione da un sostantivo neutro; può trattarsi di neutri della seconda declinazione - lenzuola (< linteolum, -i); uova (> ovum, -i), labbra (< labium, -i) ovvero di forme risalenti alla terza: 'interiora', per esempio, è l'aggettivo sostantivato al comparativo nella forma dei casi retti del neutro plurale (interior = nominativo e vocativo singolare maschile e femminile vs interius = casi retti del neutro singolare: nominativo, accusativo e vocativo). Quest'ultimo esempio mostra il fenomeno del rotacismo: la /s/ intervocalica, prima si sonorizza e poi vibra trasformandosi in una /r/: ecco perché hai 'interioRa' da un antico 'interioSa". Questi antichi neutri plurali ai casi retti possono derivare anche dalla IV declinazione: un esempio è "le corna" (< cornu, -us, che al plurale, casi retti, suona 'cornua'). In sintesi: i plurali italiani in -a possono discendere da sostantivi neutri latini appartenenti a una qualsiasi delle tre declinazioni ospitanti nomi neutri: la seconda, la terza e la quarta. Ancora a partire dall'italiano, i sostantivi che terminano in -ie derivano dalla V declinazione latina: specie, effigie, congerie, carie, calvizie, macerie, serie ecc. Dove trovo la corrispondenza? all'ablativo singolare. Il trucco è questo: fare sempre riferimento alla forma dell'ablativo singolare. Sul piano etimologico, il discorso è diverso e sarebbe troppo lungo da fare qui; sul piano pratico, però, torna: qual è l'ablativo singolare dei sostativi latini riflessi nell'elenco italiano ora riportato? L'ablativo singolare... è (per così dire) il sostantivo italiano corrispondente (la forma è la stessa). Di nuovo all'ablativo singolare faccio riferimento quando penso ai sostantivi italiani in -o: monumento, strumento, lupo, agnello, mostro ecc. ecc. Qual è la declinazione che all'ablativo singolare presenta la desinenza -o? La seconda. Nella maggior parte delle situazioni, il sostantivo italiano in -o ha una forma uguale a quella che corrisponde all'ablativo singolare (maschile o neutro) della seconda. Non è sempre così, ma è una forte tendenza. Ci sono altre possibilità? Sì, ma statisticamente meno frequenti: il nostro sostantivo in -o potrebbe comunque portarci a un paragone con la IV declinazione - cfr. l'esempio di prima: 'corno', in italiano, andrebbe qui messo accanto a 'cornu' in latino (così anche all'ablativo); ‘mano’, in italiano, farebbe pensare a un ablativo singolare maschile o neutro in -o, mentre rimanda a un femminile della IV: manus, -us (‘manu’ all’ablativo). Curiosità: in romanesco, dicono “le manO” per dire “le manI”. Perché? Perché ai casi retti del plurale, il latino aveva ‘manus’. Parlando di seconda declinazione, vengono in mente anche i casi uguali al singolare: la -o di cui parlavamo ricorre infatti anche al dativo. Ovvero: se conosco l'ablativo singolare di un sostantivo neutro o maschile della seconda, conosco anche il suo dativo singolare: sono uguali. Chi conosce anche - in modo più o meno approfondito - un po' di greco antico o tedesco, sa che in queste lingue non esiste l'ablativo; esiste però il dativo, che, in quegli idiomi, ricopre molte delle funzioni espresse in latino proprio con l'ablativo. Sussiste dunque, in un certo senso, un'affinità elettiva tra ablativo e dativo che porta i due casi a sovrapporsi formalmente. Ciò è così vero che, se, al singolare, è solo nella seconda declinazione che ho un'identità e una sovrapposizione tra dativo e ablativo, al plurale, invece, ce l'ho sempre: come dico 'monumentis' (abl. e dativo plur. della seconda), dico anche 'puellis' (abl. e dativo plurale della prima), nonché 'hominibus' (abl. e dativo plur. della terza), 'quercubus' (abl. e dativo plur. della IV) e 'diebus' (abl. e dativo plur. della V). Inoltre: dalla terza compresa in poi, ho un -bus finale per dativo e dativo plurale, preceduti dalle vocali caratteristiche, rispettivamente, della terza (/i/ = -ibus), della quarta (/u/ = -ubus) e della quinta (/e/ = -ebus). Qui ci sarebbero precisazioni da fare, ma il succo è questo. Aggiungo un dettaglio: un buon espediente per ricordare il dativo plurale (quindi, anche, l’ablativo plurale) della terza (e, per analogia, di IV e V) è pensare all’origine dell’autoBUS (o, semplicemente, BUS). L’antenato di questo mezzo pubblico è infatti una carrozza trainata da cavalli, nota nell’Ottocento come OMNIBUS (“per tutti” – appunto perché offriva trasporto a tutti per una cifra modesta). Parlando di vocali caratteristiche, seguiamo un filo che ci è utile anche per il genitivo plurale, trasversalmente alle declinazioni: quando dici 'puellarum', trovi che la desinenza è così scomponibile, da destra verso sinistra: -um (parte invariata in tutti i genitivi plurali, di tutte le declinazioni) + r + /a/ lunga (vocale caratteristica originaria della prima declinazione, che è poi quella dell'ablativo singolare; del resto, anche in italiano, se pensi a una -a finale, pensi a un femminile, e la prima è la tipica declinazione del femminile: i pochi maschili sono livellati sul femminile). Quando dici 'luporum', sempre da destra verso sinistra, hai le stesse associazioni mentali, e pensi a: -um (forma invariabile in tutti i genitivi plurali) + /r/ + la vocale tipica della seconda che ritrovi all'ablativo singolare che ti serve per fare i paragoni con l'italiano - 'amicO', come nell'ablativo sing. latino, 'animO', come nell'abl. sing. latino ecc. ecc. Quanto alla terza declinazione, lì, al genitivo plurale, hai solo la desinenza -um invariabile (qualche inutile complicazione deriva da come viene spiegata la differenza tra -ium e -um, ma questo ci porterebbe troppo lontano. Accontentiamoci di dire che tutta la solfa dei "parisillabi, imparisillabi" potrebbe essere opportunamente risparmiata agli studenti con tanti ringraziamenti da parte di tutti). Venendo al genitivo singolare della IV, lì basta aggiungere - partendo dalla solita desinenza -um invariabile alla fine, a destra - un'altra /u/ più a sinistra: si tratta, di nuovo, della vocale caratteristica della declinazione, che ritrovi (anche) all'ablativo singolare. Per concludere, ecco la situazione del genitivo plurale della V: -erum (di nuovo, da destra verso sinistra: -um in fondo alla parola, poi la solita /r/ che trovo anche nella prima e nella seconda - puellarum, luporum – e, più a sinistra ancora, la solita vocale caratteristica della declinazione: ovvero, in questa circostanza, la /e/ lunga che ritrovo anche all'ablativo singolare, con la tipica forma -ie che la presenta dopo la /i/. Riprendendo il filo dell'ablativo singolare, che dire, però, della terza declinazione? ApE, CiceronE, colorE, inquietudinE, vallE, collE, saponE, lapidE... cos'hanno in comune? Ovviamente, quella -e finale. Si tratta infatti della stessa -e finale che trovo all'ablativo singolare della terza declinazione. Insomma: se ho un sostantivo italiano in -e (a parte quelli in -ie di cui si è detto e che rimandano alla V declinazione), mi trovo davanti un nome che deriva dalla terza declinazione latina. Il discorso va esteso a 'felicità', 'virtù', 'servitù', 'libertà'. Come avrebbe detto Dante? In quelle situazioni, pensiamo appunto a Dante: 'felicitate', 'virtute', 'servitute', 'libertate' (com'è ancora in rumeno). Ecco, di nuovo la nostra -e finale. Ecco, di nuovo, il nostro ablativo singolare latino della terza. Altra osservazione: sappiamo bene che, sia al singolare che al plurale, ai casi retti (nominativo, accusativo, vocativo), ho un'unica desinenza per i sostantivi (e aggettivi, ovviamente) neutri. Bene. Osserviamo, però: dalla terza compresa alla quinta compresa, non è forse vero che questo discorso vale anche per maschile e femminile? Dico 'gentes', 'mulieres' o 'homines', e la forma vale per nomin., accusat. e vocat. plurale (III declin.); dico 'manus', e vale (anche) per nomin., accusat. e vocat. plurale (IV declin.); dico 'series', e vale per gli stessi casi: i così detti "retti" o "diretti" (V declin.) - cfr. quanto detto a proposito del romanesco ‘le manO’. Ma veniamo a pronomi e aggettivi dimostrativi nonché al pronome relativo. Se in italiano dico "il loro libro è utile", in latino, direi "illorum liber utilis est". Cos'è, dunque, il nostro 'illorum'? Il genitivo plurale maschile e neutro di ille, illa, illud (la forma, al genitivo plurale, segue la seconda declinazione). E che dire di una frase come "la persona cui ho prestato la penna si chiama Marta". Quel 'cu-i' corrisponde perfettamente al dativo singolare della terza declinazione - e i pronomi seguono in effetti quello schema al dativo e genitivo singolare. Ovvero: 'cui' vale "al quale, alla quale, alla qual cosa"(con la -i desinenziale) come nella frase "homo homin-i lupus" "l'uomo è lupo per l'uomo" trovo ugualmente -i come desinenza (è infatti un dativo singolare della terza). In greco antico succede esattamente lo stesso: -i è la desinenza del dativo singolare. Abbiamo così: ill-i (dat. sing.) da ille, illa, illud; hu-i-c (dat, sing.) da hic, haec, hoc (la -c finale è un suffisso indeclinabile semplicemente "portato dietro come uno strascico”: non c'entra niente con la desinenza); ist-i, da iste, ista, istud; ips-i, da ipse, ipsa, ipsum; e-i (sempre con la -i desinenza) da is, ea, id. Ma si è detto, anche, del genitivo pronominale: illius, istius, huius, ipsius, eius, cuius (quest’ultimo, genitivo di qui, quae, quod, già citato per il dativo 'cui' ecc.) Si tratta di un adattamento specifico - in uso, appunto, nei pronomi. Adattamento di cosa? Del genitivo singolare della terza, certo. Nomen, nominIS, homo, hominIS, tempus, temporIS (col rotacismo, cfr interioRa < interioSa). Questa desinenza del genitivo in -IS somiglia o no a quella del genitivo sassone (cfr., inglese, "John'S book' = "il libro DI John"? Certo che sì: l'origine è la stessa. Latino e inglese - come tutte le altre lingue di ceppo indoeuropeo - condividono un antenato linguistico comune. Questa consapevolezza ci è di estrema utilità per memorizzare. Molto altro ci sarebbe da dire. Spero, comunque, che questa rapida carrellata possa esserti stata utile a inquadrare la questione di quali siano le risorse o i "trucchetti" per memorizzare le desinenze latine. Aggiungo solo, in chiusura, che ricordare qualche locuzione latina ancora di uso più o meno comune in italiano può sempre aiutare: se dico "primus inter pares" e intendo parlare, per esempio, del capo di un'associazione o simili, conscio del fatto che 'inter' regge l'accusativo, riconosco 'pares' come un accusativo plurale non-neutro che NON è né della prima né della seconda - altrimenti avrei -as ovvero -os come desinenze. Cosa intendo dire con questo? Che può tornarmi molto comodo anche introiettare quella che una desinenza NON può rappresentare, non solo quello che rappresenta. Ultimissimo esempio dello stesso tipo: se dico che Leonardo da Vinci è stato un ingegnere aeronautico “ante litteram” intendo dire che lo è stato prima che esistesse una simile definizione. Ora, se so che ‘ante’, come preposizione, regge l’accusativo, mi verrà subito in mente che una -m finale la trovo in vari accusativi singolari: della prima (‘litteram’, ma anche ‘puellam’, ‘matronam’, ‘Romam’), della seconda (‘lupum’ maschile vs ‘mostruum’ neutro – qui, forma unica per nom., accus. e vocat.), della terza (‘hominem’, ‘matrem’, ‘vitutem’, ‘Ciceronem’), della quarta (‘quercum’, ‘senatum’, ‘adventum’) e della quinta (‘speciem’, ‘congeriem’, ‘meridiem’ – curiosità, la sigla inglese ‘p.m.’ è in realtà latina: sta per ‘post meridiem’). Tranne che nella seconda, dove -um ai casi retti del singolare può identificare un sostantivo neutro, nella terza, quarta e quinta, la -m finale è del maschile o del femminile.
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Come imparare le declinazioni in latino
Ghui | Lezioni di Latín
La cosa migliore da fare è partire dal contesto. Inserite in un contesto, le parole acquistano vita e restano meglio in mente. Parti da tabelle che potrai inventare da te. Ogni tabella avrà su ognuna delle sue sei colonne la dicitura: nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo e ablativo. Ciascuna delle tre righe sarà dedicata, rispettivamente, una al genere maschile, una al femminile e una al neutro. Procedi così per ciascuna declinazione: la prima, la seconda, la terza, la quarta e la quinta avranno ciascuna una tabella per il singolare e una per il plurale. otterrai così dieci tabelle. Se prendi più frasi in latino e, per così dire, le "smembri" nei loro elementi compositivi, puoi preparare la specifica tabella dedicando una colonna all'accusativo singolare della seconda, faccio per dire, in cui inserirai la frase X, evidenziando all'interno di quella stessa frase, in rosso, la parola Y che vale, poniamo, come esempio di accusativo maschile della seconda declinazione. La stessa frase la riporti anche, se lo contiene, sotto la voce del dativo singolare maschile della seconda, evidenziando in blu la forma corrispondente e così via, in base ai casi che hai nella stessa frase. Prepari poi una tabella per il plurale della stessa declinazione. Prosegui così per tutte le declinazioni, distinguendo singolare e plurale, avendo cura di scegliere frasi che contengano la maggior varietà possibile in termini di genere, numero e caso dei sostantivi e degli aggettivi. Quando rileggerai le tabelle, il colpo d'occhio e le terminazioni delle parole colorate e incolonnate ti aiuteranno a memorizzare. In aggiunta, puoi servirti anche di frasi fatte latine in uso in italiano: "Leonardo fu un aviatore ante litteram" - questa, la metterai nella colonna dell'accusativo singolare della prima declinazione, ricordando anche che "ante", come preposizione, vuole l'accusativo. "Primus inter pares" ti servirà come esempio di nominativo singolare maschile della seconda e, insieme, come esempio di accusativo plurale maschile della terza - "primus" potrai segnarlo, poniamo, in arancione come gli altri sostativi al nominativo maschile singolare della seconda evidenziati nello stesso colore da altre frasi; "pares" potrai segnarlo, mettiamo, in viola, come tutti gli altri accusativi plurali maschili della terza - cosa che ti aiuterà, rileggendo la tabella, anche a rammentare che -es è la desinenza, nella terza, anche di nominativo e vocativo plurale sia al maschile che al femminile. Fare attenzione alle desinenze che hanno più valori è, infatti, anch'esso un buon modo per associare un segno a più funzioni - anche concettualmente, infatti, i casi diretti hanno molto in comune: stabiliscono in effetti un rapporto immediato con l'azione. Così facendo, non studierai "a pappagallo", ma sarai consapevole del perché e del per come certe desinenze valgono per più casi. Buon lavoro e buon divertimento.
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