L'economia è una scienza sociale?

Se rapportiamo questo significato ad oggi, in cui tutte le economie dei vari popoli e dei singoli stati sono interconnesse, essa non dovrebbe essere altro che la saggia gestione delle risorse di quella che è la casa comune di tutti: la Terra, dei suoi beni comuni ambientali e produttivi, nell’interesse non solo della popolazione umana, ma anche di tutte le altre specie viventi che vi abitano e che hanno anch’esse, nella Terra, la loro dimora comune. Una giusta amministrazione per una sana coabitazione

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Da circa due secoli e mezzo, l’economia è stata legata indissolubilmente al processo di sviluppo industriale, con conseguenze in ambito produttivo, prima inimmaginabili.

A tale incremento dell’industria in tutti i campi produttivi, è corrisposta una vertiginosa crescita della ricchezza legata ad ogni settore economico che però non è stata equamente distribuita, a causa del fatto che i mezzi di produzione, come già a suo tempo rilevava Marx, sono divenuti proprietà privata a vantaggio di pochi, mediante il lavoro e lo sfruttamento di tanti altri e in numero crescente, di qui i vari conflitti sociali sorti, in particolare tra XIX e XX secolo, le varie ideologie che hanno cercato di porvi rimedio, il loro parziale fallimento ed infine il trionfo di una economia globalizzata, in cui lo sfruttamento non è più l’alienazione dell’essere ingranaggio di una macchina, ma la parcellizzazione del lavoro, la sua precarizzazione, il colore nero di cui esso si tinge quando resta sommerso nelle acque torbide del ricatto endemico

In questo sistema prevale tuttora il modello di accumulazione di capitale per motivi di profitto, inizialmente mediante un processo di libera concorrenza, ma, con il passare del tempo e fino ad oggi, con la tendenza sempre più preponderante alla formazione di oligopoli, con la creazione di soggetti economici multinazionali, in grado di aggirare anche le regole costituzionali di ciascun Paese, intervenendo coi propri fiduciari nei sistemi legislativi e persino istituzionali.

Tanto che ormai molti dei sistemi politici vigenti, e non solo occidentali, sono pressoché incapaci non solo di creare ma persino di immaginare una seria alternativa di sistema a quello vigente, un po’ come dei pesci che nuotano dentro un sistema acqua fino a ritenerlo vitale per loro stessi e senza rendersi conto che la vita è possibile anche fuori dall’acqua

In poche parole, oggi tutta la economia globale ruota intorno all’assioma che è necessario accumulare capitali o attraverso meccanismi speculativi, oppure incrementando denaro parallelamente allo sfruttamento di risorse ambientali e umane per scopo di mero profitto, riducendole a mera merce, tanto che si parla addirittura di “capitale umano”, legando indissolubilmente l’essere umano al fattore “mammona” in un processo a dir poco demoniaco.

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Senza considerare che l’essere umano vale di per sé indipendentemente dalle sue capacità produttive, per le sue potenzialità e per la sua stessa natura inestimabile. Il benessere dell’umanità e della natura è però rigidamente subordinato a questa mercificazione, tanto che se si deroga da essa, sovente quelli che ci provano vengono rovesciati anche con la violenza o con artificiosi procedimenti giudiziari. I sistemi politici che non si allineano con tale tendenza, o rifiutandosi di mettere in pratica le direttive dei mercati, cioè dei potentati economici e finanziari, oppure addirittura opponendosi ad essi, vanno a cozzare contro l’uso della violenza e delle armi, fino alla minaccia nucleare.

Tale perverso orientamento, che quindi non di rado si accompagna a guerre rovinose e alla devastazione di risorse dei paesi già poveri di per se stessi, oggi è diventato una minaccia per la stessa sopravvivenza dell’umanità sulla Terra.

Poiché in un mondo in cui le risorse ambientali tendono a ridursi, anche a causa dei cambiamenti climatici generati da questo modello di sistema, mentre l’umanità, specialmente la più povera tende ad aumentare, alimentando flussi migratori di vaste proporzioni e conflitti etnici, religiosi e politici, solo apparentemente noi esseri umani rappresentiamo una minaccia per la Terra.

Se infatti noi abbiamo bisogno vitale di questa unica casa comune dove tutti noi abitiamo e coesistiamo con altri popoli e con la natura, essa non ha affatto bisogno di noi. Il suo sistema geofisico ci precede di miliardi di anni, e può benissimo sopravvivere alla nostra estinzione per altri miliardi di anni, almeno finché esisterà il sistema solare, lasciando il dominio planetario agli insetti, ad esempio.

Noi ci illudiamo di essere artefici e padroni del rapporto che abbiamo con la nostra casa comune e in più abbiamo l’arroganza di pretendere di essere i padroni di casa. Ma non è così, nella nostra casa comune, come dice un famoso proverbio indiano: “Noi non ereditiamo la Terra dai nostri antenati, ma la prendiamo in prestito dai nostri figli”.

In breve la Terra, la nostra casa comune, è un dono “a tempo”, dato che la vita di ciascuno di noi è limitata, dovremmo pertanto utilizzare le sue risorse non immaginando che siano inesauribili e solo a nostra disposizione, come si è fatto per almeno due secoli e come in parte si fa tuttora, ma come quando riceviamo un dono prezioso e ne abbiamo cura per farne partecipi tutti coloro che possono apprezzarlo e migliorarlo.

Questa è la vera alternativa di sistema che fa uscire il pesce dall’acqua, lo rende prima anfibio, capace di emanciparsi e poi capace di vivere anche fuori dall’acqua. Abbiamo bisogno di nuovo salto evolutivo, che ci faccia capire finalmente di essere parte integrante di un tutto organico in cui il sistema produttivo non sia al servizio della avidità accumulativa e dell’avversione verso chi la contrasta, ma serva a migliorare il rapporto tra gli esseri umani, e tra umanità e l’ambiente in cui essa vive, affinché anche altri possano ricevere lo stesso dono “a termine”, lo stesso prestito.

Una moneta non può cambiare da sola un sistema, perché se le basi di un sistema infetto dal virus dell’avidità e dell’ avversione permangono, come in una pandemia, esso muterà proprio come fa un virus e potrà permanere e sopravvivere anche al cambio di mille monete, anzi i cambi di monete lo agevoleranno nelle sue mutazioni speculative intensificando l’infezione. E lo stesso vale per la politica, anche ammesso che un modello politico si possa attuare al di fuori di quello che è orientato e guidato dai modelli economici vigenti, avremo solo varianti, mutazioni di uno stesso sistema infetto.

Il sistema cambia solo se cambia la mentalità umana, se viene “bonificata” nei suoi intenti fondamentali, capendo che la giustizia sociale e ambientale sono l’altra faccia della libertà e del benessere di tutti gli esseri viventi. Non cambierà nulla se continuerà a permanere il donare ciò che avanza, regalando “bonus” una tantum per contenere il disagio sociale, con una toppa messa su un vestito vecchio e logoro destinato a stracciarsi. Così i prezzi aumenteranno, contando sugli imbonitori, mentre i conflitti sociali saranno solo contenuti temporaneamente, per poi scoppiare con maggior virulenza.

Si cambia solo se si è in grado almeno di immaginare una dimensione di vita al di fuori della realtà stagnante in cui si resta immersi, e se si comincia a mettere il naso al di fuori di essa. Altrimenti, come nella famosa favola, lo stagno bollirà e la rana umana con esso, mentre le farfalle continueranno a sfiorare i petali dei fiori.

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