L’epidemia da Covid 19, con le restrizioni imposte e le conseguenti necessità di limitare la vita sociale, oltre agli effetti della crisi sul piano economico, ha determinato l’insorgere di nuovi casi di disagio
Le categorie maggiormente interessate sono state sicuramente quelle degli adolescenti e delle donne di ogni fascia di età; in particolare riguardo a queste ultime c’è stato un incremento dei casi di maltrattamento, violenza fisica e psicologica, sicuramente acuita dalla coabitazione con il partner maltrattante. Non bisogna infatti dimenticarsi che la violenza di genere si espleta soprattutto a livello domestico.
A tutto ciò, dato di per sé drammatico, vanno però aggiunte le poco conosciute violenze online contro le donne e le ragazze.
Scarsamente normate, spesso di difficile individuazione, ma in allarmante aumento, determinano uno sconvolgimento totale nella vita della vittima e possono causare perdita di autostima, ansia, depressione, attacchi di panico, disturbi alimentari e non ultimo il suicidio.
L’utilizzo di smartphone, tablet e PC ha costituito un ausilio molto importante durante la pandemia da coronavirus, soprattutto per le fasce di età più giovani. Infatti, oltre che per la didattica a distanza, questi strumenti hanno costituito il loro unico modo per connettersi con il mondo esterno e con i loro amici.
Le molte ore passate davanti ad uno schermo e una tastiera hanno però esposto maggiormente le ragazze alla possibilità di essere oggetto di violenze online, quali il Revenge Porn (condivisione non consensuale di materiale intimo), il cyberstalking, il doxxing (diffusione di documenti personali o identificativi su qualcuno senza il suo consenso), lo slutshaming, il deepfakeporn
(particolare tecnica di imaging che si basa su algoritmi, che permette la creazione di filmati o video pornografici nei quali il volto di una persona viene “incollato”, senza il suo consenso dando l’impressione che sia stata vittima ad averli girati.), oltre a tutta un’altra serie di molestie ed abusi che hanno in comune l’odio, la discriminazione, l’oggettivazione del corpo femminile.
Le violenze online non sono altro che un continuum di quelle che subiscono le donne nella vita reale e che fanno parte di una cultura che è ancora fortemente maschilista e resistente all’emancipazione femminile.
Molti uomini e ragazzi hanno trovato online anche la possibilità di creare gruppi in cui condividono linguaggi violenti e discorsi d’odio contro le donne, dando luogo ad una sorta di galassia virtuale in cui viene elogiato il mito del maschio alpha e demonizzata la donna.
Tale luogo virtuale prende il nome di manosphere ed ha lo scopo di inneggiare alla violenza contro le donne legittimandola e rendendola accettabile nella società.
Anche il bodyshaming e il fatshaming sono delle violenze nei confronti delle donne poiché hanno lo scopo di svalutarle, deriderle e minarle nell’autostima ponendo spesso le basi per disturbi del comportamento alimentare e autolesionismo.
Le nuove tecnologie, i social network, le chat, le app, non devono essere demonizzati ma è importante che vi sia una sensibilizzazione ad un uso consapevole.
Ed è oltremodo importante che chi subisce queste vessazioni online ne parli con qualcuno.
Molto spesso la paura, la vergogna, porta le donne a non esprimersi.
Si sentono in colpa e si autocensurano.
La cultura imperante spesso tende a farle passare da vittime a colpevoli, mentre in realtà è esattamente l’opposto.
Da sole non è possibile gestire tutte le emozioni negative provate, ed è perciò necessario chiedere aiuto ad una persona competente, preparata ad ascoltare in una prospettiva di sospensione del giudizio e del pregiudizio.
Solo parlando la donna potrà iniziare un percorso che la porterà a recuperare la propria autostima, a superare le sue paure e a riprendere in mano la propria vita.