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Scuola, studio, formazione: ecco un aiuto collaterale che facilita l'apprendimento

Lo ammetto senza vanto né presunzione: dalle elementari fino alle superiori sono sempre stato uno dei più bravi nello studio delle lingue. Se i miei voti in matematica, scienze e chimica lasciavano, per usare un eufemismo, parecchio a desiderare, le ore di inglese, francese e spagnolo erano per me una boccata d'aria. Certo, al liceo ho avuto la fortuna di essere seguito da alcuni insegnanti eccezionali, ma anche se fosse stato il contrario, anche se avessi avuto docenti lontanissimi dalla mia idea di prof. ideale, questo non avrebbe influenzato notelvolmente il mio rapporto con le lingue straniere.
Lungi da me l'intenzione di riportare qui la mia storia scolastica, vorrei invece raccontare, a chiunque mi leggesse, almeno uno dei motivi per i quali mi sono sempre trovato la strada spianata nell'affrontare queste materie.
Già nei primissimi anni di scuola, quando avevo sette-otto anni, facevo qualcosa che, forse, pochi dei miei coetanei facevano: giocavo ai videogame, perlopiù di avventura. Erano, come la maggior parte di quelli di oggi, interamente in inglese. Le voci, le scritte...dell'italiano non c'era neanche l'ombra. O capivi quello che succedeva e che dovevi fare, o eri fregato. Nei casi peggiori non potevi neanche proseguire il gioco. Ecco, questo è stato il più grande "trucco" che ho inconsapevolmente escogitato per imparare l'inglese molto più in fretta di altri. Nonostante non capissi tutte le parole (sarebbe stato impossibile!) in classe ero quello che dimostrava di avere il lessico più ampio e che alzava la mano quando ci si imbatteva in una parola nuova (che io, come accadeva molto spesso, avevo già sentito e tradotto mentalmente!).
Tengo a precisare che non ero un nerd. Non passavo tutte le mie giornate davanti alla consòle. Era un passatempo che mi divertiva e nello stesso tempo mi riempiva di parole, espressioni e modi di dire inglesi da memorizzare. Tutto questo insieme alle letture e agli esercizi che mi venivano assegnati a scuola, la cui importanza restava comunque al primo posto. Però...se oltre allo studio come "obbligo" si trova il modo di viverlo come un divertimento, perché no?

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Edoardo
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