Lo studio delle lingue viene determinato da due fattori principali: la passione per una determinata cultura oppure l’utilità della lingua stessa nel mondo del lavoro.
Prendiamo come esempio l’inglese: negli anni 70’, ‘80 e ‘90 molti studenti si sono avvicinati allo studio di questa lingua grazie alla musica, ai film, alla letteratura e alla cultura pop provenienti dagli Stati Uniti e dal Regno Unito. Tutto il sottostrato culturale di quegli anni si è ovviamente unito al mondo del lavoro, basta solo pensare a tutti i termini inglesi usati nella lingua italiana per indicare alcune mansioni lavorative o addirittura le singole skill dei dipendenti.
Un paragone alternativo si potrebbe fare con lo spagnolo, poco presente nel mondo del lavoro (almeno in Italia), ma comunque gettonatissimo dagli studenti per via dell’affascinante cultura e dello stile di vita della penisola iberica.
E per quanto riguarda le lingue orientali? Lo studio del cinese e giapponese può essere ritenuto abbastanza recente, in quanto negli anni la cultura orientale è diventata sempre più presente.
Basta pensare al giapponese, lingua che ha attratto sempre più persone grazie ai manga, gli anime e i videogiochi. Il “Cool Japan” d’altronde è stata proprio una strategia adottata dal Giappone per rendere il paese più attraente per gli stranieri e vendere così diversi prodotti.
Il cinese invece, come la cultura della Cina è un filo meno conosciuto. Sebbene negli ultimi anni ci sia stata una notevole apertura sul mercato internazionale, con diverse marche a fare capolino nel settore della tecnologia, la Cina non ha avuto l’impatto culturale del Giappone sul mondo.
Bisogna comunque tenere conto del fatto che la Cina è un paese immenso, dove ci sono tantissimi dialetti e varietà linguistiche, di conseguenza è impossibile individuare una “cultura” cinese unificata. La lingua ufficiale della Repubblica Popolare Cinese è il cinese mandarino che sin dal XVI secolo è stata la lingua ufficiale della politica e della burocrazia della dinastia Ming.
Professori di lingue orientali
Per quanto riguarda la difficoltà, in molti sostengono che il cinese sia decisamente più difficile del giapponese. Questo perché il cinese è una lingua tonale, ovvero una lingua dove il significato di una parola varia a seconda della pronuncia e del tono. Ad esempio, la parola ma in cinese mandarino significa mamma se pronunciata con un tono, mentre con altri può voler dire cavallo.
Alla difficoltà della pronuncia, si aggiungono i vocaboli e ovviamente la scrittura dei caratteri cinesi, presenti anche nella lingua giapponese con il nome di Kanji.
Per questo imparare il cinese e altre lingue orientali come il giapponese può rivelarsi un’impresa tutt’altro che facile. Prima di tutto, salvo particolari eccezioni, l’apprendimento delle lingue orientali in Italia comincia all’università, a differenza delle lingue europee come l’inglese e il francese. Gli studenti arrivano quindi nelle aule universitarie senza alcun tipo di base o conoscenza, a meno che non abbiano avuto la fortuna di viaggiare in Oriente o magari avere degli insegnanti madrelingua privati.
In secondo luogo, le differenze della grammatica, della sintassi e della semantica sono molto più marcate e spesso gli studenti devono praticamente rivoluzionare il loro modo di pensare. Il giapponese ad esempio ha un ordine della frase con il verbo posto alla fine, cosa che all’apparenza risulta semplice, ma che all’atto pratico può dare più di qualche grattacapo.
Ma come imparare il cinese, il giapponese o altre lingue orientali? Noi di letulezioni.it pensiamo ci siano diversi metodi, vediamo quali.
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