• Come è nato il solfeggio e a cosa serve

Lezioni di pianoforte: finalità e origini del solfeggio

Salve a tutti! In questo articolo vorrei parlare di un argomento tanto ostico quanto necessariamente importante a mio avviso; un argomento che è stato abbastanza "impregnato" di pesantezza e spesso, anche ultimamente, molto criticato proprio dagli addetti ai lavori.

Ovviamente dal titolo dell'articolo già avete capito di cosa parliamo: di solfeggio, questa parola che sembra essere così tanto carica di "noia" o addirittura quasi di astio ogni volta che la si pronuncia, soprattutto da parte degli allievi.

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Ad ogni modo vorrei andare a vedere meglio cos'è questo solfeggio, iniziando proprio dall'etimologia di questa parola; essa deriva dall'unione delle syllabae Sol e Fa derivanti dal quel processo chiamato solmisazione. Vi state chiedendo cos'è la solmisazione?! Fate bene! La solmisazione sta alla base del nostro modo "moderno" di solfeggiare (per chi ovviamente già fatto delle lezioni di pianoforte e ha delle basi sa a cosa mi riferisco). Cercherò brevemente di dare qualche accenno sulla solmisazione e sulle sue origini, in modo da capire perché è cosi importante e perché sta alla base del nostro solfeggiare.

Innanzitutto vorrei partire dal suo significato più generale, dicendo che la solmisazione è un metodo di "lettura dei suoni" che risale al Medioevo. In questo periodo per i cantores era particolarmente necessaria una tecnica mnemonica efficace per imparare velocemente i brani, perlopiù a due voci, perché essi raramente erano in forma scritta, e se lo erano non vi era un modo così facile di averli personalmente. 

La  paternità della solmisazione è attribuita al monaco benedettino Guido d'Arezzo il quale, oltre a questo metodo, modificò anche altri aspetti della teoria musicale di quel tempo e, grazie alla sua fama, fu chiamato anche da papa Giovanni XIX. Punto focale della solmisazione è l'utilizzo (e "invenzione) da parte di Guido dell'esacordo (scala diatonica di sei suoni, innovativa rispetto al tetracordo che era comunemente utilizzato), che aveva il semitono sempre tra il terzo e il quarto suono; egli collegò, in modo geniale a mio parere, i sei suoni dell'esacordo alle prime sei sillabe di ogni emistichio dell'inno a san Giovanni. Le prime sei sillabe sono: ut, re, mi, fa sol; avete letto bene, vi ricordano qualcosa? Esatto... Sono proprio le sillabe che usiamo per la scala nostra scala musicale, (che ovviamente non è fatta di sei ma di sette suoni) a eccezione di ut che venne sostituita in seguito con il do. In questo modo si poteva associare l'esacordo alle sillabe e quindi avere sempre un'esatta intonazione di toni e semitoni della scala associandola a quelle medesime e fisse sillabe. 

In poche parole questo continuo riferimento mentale all'esacordo e contemporaneamente alla precisa indicazione dell'altezza delle note con sillabe convenzionali, permise al cantore di avere sempre presente la posizione del semitono e di trovarla rapidamente (la solmisazione per l' appunto). Il grande vantaggio quindi di questo metodo, fu anche quello di poter intonare l'esacordo partendo da qualsiasi nota; in questo modo la stessa nota corrispondeva a più sillabe (quella dell'esacordo da cui si era partiti e quella nuova "sostituita" dal nuovo esacordo) permettendo di ricoprire, inoltre, l'intera estensione della voce umana.

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Le sillabe dell'esacordo non davano quindi una posizione assoluta delle note, ma l'esatto riferimento tra toni e semitoni. Ci sarebbe ovviamente altro da dire, ma fermiamoci qua e osserviamo come quanto questo sia anche alla base del nostro modo di leggere e anche di "codificare" la musica. Era importante sapere da dove deriva il termine solfeggio? Io credo di sì. Certo, il solfeggio così come lo intendiamo e lo studiamo noi si basa anche su altri elementi che sono stati maturati, come, ad esempio, la definizione più accurata del tempo, la ritmica fatta di accenti forti e deboli, la divisione in battute ecc.. (tutte cose evolute pian piano nel corso dei secoli). Guido diede le basi per lo sviluppo del solfeggio che fu in seguito ripreso anche da altri teorici. Torniamo ora al titolo dell'articolo: vi state chiedendo ancora a cosa serva il solfeggio? Spero di no. Esso è di fondamentale importanza se si vuole leggere una partitura di qualsiasi tipo, e soprattutto, se si vuole mettere nero su bianco la musica.

Spero di esservi stato utile con questo articolo!

 

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Davide
Ho conseguito il Diploma di pianoforte presso l’Istituto musicale “V.Bellini” di Catania. Ho perfezionato gli studi con il maestro Dario Forturello. Fin dai primi anni di musica mi sono dedicato anche all’attività con varie formazioni musicali, partecipando a numerose esibizioni tra le quali: Teatr...Contattare
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