Suonare... coi piedi: un monito al pianista virtuoso

Permettimi per la breve libertà di qualche rigo il ruolo comodo e privilegiato del giudice e di esporvi brevemente la mia opinione su una materia – quella del pianoforte – che se non conosco certamente a fondo, rimane un campo nel quale, essendo un argomento nel quale mi applico da più di vent’anni, non posso neppure vantare una falsa modestia che risulterebbe fastidiosa sia a me stesso che agli altri.

Quando vorrai giudicare un pianista, per considerarlo o meno un virtuoso, non guardargli le mani – come i più fanno – ma i piedi. Poiché è facile dar l’impressione di star divorando la tastiera, quando in realtà stiamo solo spalmando suoni informi e confusi grazie all’uso massiccio d’un pedale. Il vero virtuosismo è nella purezza d’ogni singolo suono, nell’esecuzione cristallina di ciascuna nota; risultati impossibili da raggiungere col pedale, e che richiedono un controllo assoluto delle proprie mani, che dico? D’ogni singolo dito, che dovrà lavorare in modo tale da non far percepire quella fortissima mancanza.

Lo stesso naturalmente, vale per il pedale una corda. Facile è creare un suono dolce attraverso questo escamotage – facile è il vizio d’abusarne. Un vero pianissimo generato non altro che dall’impercettibile e controllatissima tensione delle proprie dita, del proprio intero corpo quasi distaccato dalla tastiera: questo è veramente arduo da raggiungere. In questo, i grandi esecutori.

In breve, un vero virtuoso non lo si riconosce dalle mani, ma dai piedi. Meno questi lavoreranno, più il suono che uscirà dal suo strumento sarà genuino, puro distillato delle sue dita e del suo talento.

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