I fattori dell’ambiente competitivo hanno implicazioni immediate e dirette su strategie e performance dell’impresa e dei concorrenti. Tali forze infatti determinano l’intensità della concorrenza e influenzano le prospettive di redditività dell’impresa e dei suoi concorrenti.
Certo confrontarsi con i concorrenti diretti è importante, la via migliore per sfuggire a sanguinose battaglie sul prezzo resta sempre la differenziazione, con un prodotto diverso, capace di distinguersi il cliente può accettare un certo tipo di prezzo e soprattutto non può fare facili paragoni con i prodotti dei concorrenti, l’esperienza della Levi’s ci dimostra comunque che le insidie possono arrivare anche dalle altre aree in questo caso dall’area clienti e da quella dei prodotti sostitutivi.
Clienti: in base al loro numero, alle loro caratteristiche e alle dimensioni degli acquisti, esercitano il loro potere contrattuale sull'impresa che può riflettersi in una riduzione dei margini di profitto (attraverso la riduzione dei prezzi di vendita o miglioramenti nella qualità e quantità dei servizi offerti)
La minaccia di prodotti sostitutivi può ridurre il potere dell'impresa soprattutto se, per uno stesso prodotto, esistono molti sostituti con un alto grado di similitudine. La conseguenza è che questo impone un prezzo massimo praticabile ai clienti, il prezzo del prodotto sostitutivo, superato il quale gli acquirenti troveranno più conveniente passare al prodotto concorrente.
Negli anni 60’ il jeans incarnava il mito della libertà americana, Anche Hollywood esercitò un enorme impatto sulla popolarità dei blue jeans. James Dean, per esempio, indossandoli in «Gioventù bruciata» portò i jeans alla ribalta, al pari di altri attori famosi. Con immagini di questo tipo, i blue jeans divennero sinonimo di ribellione, pericolo, avventura e, soprattutto, di cultura giovanile non conformista. Negli anni Novanta, Levi's iniziò a perdere quote considerevoli: essa non tenne in considerazione il fatto che i giovani erano più influenzati dalle mode rispetto a prima; i blue jeans smisero di fare tendenza e diventarono démodé ossia più adatti a i genitori che ai loro figli. Gli adolescenti statunitensi descrivono i jeans Levi's come "troppo dritti", "non abbastanza larghi", "troppo semplici" e "per bene".
A questo bisogna aggiungere l’affermarsi di un concetto nuovo di sportswear basato sull’athleisure e sulle sneakers. Da queste considerazioni si può allora concludere che le insidie per un’impresa non partono soltanto dai concorrenti diretti propriamente detti, ma anche da altre aree, ad esempio, prodotti sostitutivi e clienti. Per uscire dalla crisi, L’allora a.d. Bergh diede incarico alle sue due collaboratrici di capire i motivi della flessione nelle vendite, coinvolgendo la responsabile marketing Jen Sey e la direttrice di prodotto Karyn Hillman.
La responsabile dell’ufficio marketing di allora cominciò a svolgere il suo lavoro con una serie di indagini di mercato dalle quali risultava evidente come i giovani rifiutassero il jeans così come veniva proposto e nello stesso tempo la tendenza, specie da parte del pubblico femminile, di utilizzare l’abbigliamento athleisure in particolare leggings, perché più comodi, quindi appunto non era un problema di concorrenza diretta nonostante l’affacciarsi sul mercato anche dei grandi stilisti (Armani, Versace, Gucci)
Capite le cause della crisi, la palla passa a Karin Hilman, (responsabile di prodotto).
Le risposte a livello di prodotto furono queste:
◦ Per tornare competitivi nei confronti dei leggings, venne creato un jeans più elasticizzato, più comodo e accattivante
◦ Per risvegliare l’interesse del pubblico più giovane, si cercò di favorire la personalizzazione del capo con l’aggiunta, su richiesta, di toppe, spillette e catene