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Maxwell, Einstein e la velocità della luce: un viaggio nella fisica moderna

Attorno al 1870, Maxwell, oltre al prevedere l'esistenza delle onde elettromagnetiche (un fenomeno fino ad allora sconosciuto), dimostrò che esse si propagano nel vuoto con una certa velocità v, che dipende dalla costante dielettrica del vuoto e la permeabilità nel vuoto. Nello specifico, mediante una serie di calcoli e sostituzioni, si ottiene che la velocità che tali onde assumono nel vuoto è numericamente uguale a quella della luce c.

Nel dettaglio, indicando con Cd la costante dielettrica del vuoto e con Pm la permeabilità magnetica del vuoto, si ottiene la seguente formula:

v = c = 1/[radice quadrata di (Cd x Pm)]

Tale risultato suggerisce una conclusione di fondamentale importanza: la luce è costituita da onde elettromagnetiche, ossia da onde trasversali formate da campi elettrici e campi magnetici oscillanti perpendicolari tra di loro. Tali campi risultano perpendicolari alla direzione di propagazione dell'onda.

Dunque, secondo la teoria di Maxwell, la luce è un onda elettromagnetica che si propaga nel vuoto alla velocità c = 3,00x10^8 m/s. Inoltre, la velocità della luce c è indipendente dalla velocità della sorgente che emette la luce e dal moto relativo tra sorgente e osservatore.

Ciò, tuttavia, è inconciliabile con la legge di composizione delle velocità per la quale, quando un corpo è soggetto a due movimenti contemporanei con velocità rispettivamente v1 e v2, la velocità totale sarà  v = v1 + v2.

Per superare la difficoltà nel render compatibili meccanica e elettromagnetismo, Einstein nel 1905  formulò, come parte della famosa teoria della relatività ristretta (o speciale), il cosiddetto principio di invarianza della velocità della luce, secondo cui la velocità della luce nel vuoto, misurata in qualsiasi sistema inerziale, ha sempre lo stesso valore c, indipendentemente dalla velocità relativa tra la sorgente di luce e l'osservatore. La luce, in altre parole, viaggia alla stessa velocità c per qualsiasi osservatore, in accordo appunto con tale principio di invarianza della velocità della luce.

Uno delle più importanti conseguenze della teoria della relatività ristretta è che gli oggetti dotati di massa non possono raggiungere la velocità della luce nel vuoto essendo che è impossibile compiere un lavoro infinito (che, secondo il teorema dell'energia cinetica, sarebbero necessario al fine di fornire al corpo una energia cinetica infinita); c è dunque la più alta velocità possibile!

Per quanto concerne il calcolo della velocità della luce, le prime misure sufficientemente accurate furono fatte da Foucault, col metodo dello specchio rotante, perfezionato poi da Michelson. Michelson utilizzò uno specchio rotante con otto lati ed uno specchio fisso: la minima velocità angolare deve esser tale che un lato dello specchio ruoti per un ottavo di giro nel tempo che la luce impiega a percorrere il cammino fra gli specchi. In un suo esperimento del 1926, mise tale specchio fisso a una distanza di 35km da quello rotante, ottenendo il valore  c = (2,99796 +- 0,00004) x 10^8 m/s

Oggi la velocità della luce è nota con un grado di accuratezza tale che viene utilizzata per definire il metro; essa è definita come:

Velocità della luce nel vuoto    c=299792458 m/s

(anche se il valore approssimato a 3,00x10^8 m/s è più che sufficiente nella maggior parte dei casi) 

 

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