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Le coniche come modelli della realta' da Apollonio a Keplero

Nelle "Coniche", Apollonio, nato attorno al 262 a.C. a Perga, in Asia Minore, studiò le curve che si ottengono tagliando un cono con un piano, e a una di esse - una curva chiusa dalla forma oblunga - diede il nome di "ellisse".
Egli era convinto che la matematica, oltre a essere una creazione altissima dell'intelletto umano, fosse un importante strumento di descrizione e comprensione della natura.
Tuttavia, non poteva immaginare che, diciassette secoli dopo, la sua ellisse si sarebbe materializzata nei cieli, più precisamente nei movimenti dei corpi celesti.
A scoprire che le orbite dei pianeti non sono circonferenze, come riteneva ancora Copernico, ma ellissi fu il tedesco Keplero (Johannes Kepler), che ne diede notizia nell'"Astronomia nova" (1609).
Da quel momento astronomi e filosofi naturali cominciarono a chiedersi quale forza potesse mai produrre quelle orbite leggermente allungate.
L'inglese Edmond Halley fu tra coloro che immaginarono che si trattasse di una forza inversamente proporzionale al quadrato della distanza, ma non riuscì ad andare al di là di questa mera intuizione.
Nell'estate del 1684 decise così di consultare il grande Isaac Newton.
Non sapeva che questi si era già posto il problema (su suggerimento di Robert Hooke) e lo aveva risolto.
"Qual è la curva descritta da un pianeta sotto l'azione di una forza che decresce come il quadrato della distanza?", gli chiese seccamente Halley, quando lo incontrò.
"Un'ellisse", fu la risposta.
Halley non trattenne l'eccitazione.
"Come fai a saperlo?", domandò all'amico e collega.
"Perché l'ho calcolata", rispose lui.
Tre anni dopo, nei "Philosophiae naturalis principia mathematica" (pubblicati, guarda caso, a spese di Halley), Newton enunciò la sua legge della gravitazione universale, l'archetipo di tutte le leggi matematiche della natura, e da essa dedusse le forme delle traiettorie dei corpi celesti: l'ellisse, ma anche la parabola e l'iperbole, tutte e tre le sezioni coniche.
Forse anche per questo, nel 1710, Halley, che era pure un valente filologo, curò personalmente l'edizione latina del capolavoro di Apollonio.
E quando, nella notte di Natale del 1758, gli astronomi osservarono in cielo una cometa dalla traiettoria fortemente ellittica, il cui ritorno, per quell'anno, era stato previsto da Halley mediante calcoli basati sulla teoria newtoniana, il trionfo di Newton e di Apollonio, della nuova scienza matematizzata e dell'antica matematica che si disvelava nella natura, poté dirsi completo.
Niente potrebbe illustrare meglio la sorprendente potenza della matematica: una figura geometrica concepita dalla mente di uno studioso alessandrino, ottenuta affettando un cono, descrive un aspetto fondamentale della natura - le orbite celesti.
Attraversando la matematica ci si imbatte in una miriade di esempi analoghi.
Ricordiamone qualcuno: la trigonometria, creata per fare calcoli con gli angoli e con i triangoli, descrive il suono e la luce; i numeri "immaginari", chiamati così perché si pensava che esistessero solo nell'umana fantasia, sono alla base della meccanica quantistica e della struttura della materia; i gruppi, nati per studiare le condizioni di risolubilità delle equazioni algebriche, classificano le particelle dell'universo e determinano le loro interazioni.
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