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La morte della classicità? Una sintetica analisi polemica sullo stato delle discipline classiche

Ogni anno, puntualmente, ci si presenta agli occhi un dato legato alla sempre minor attrattiva dell'indirizzo classico rispetto ad altri indirizzi, ritenuti più spendibili in una società post-moderna come la nostra. Di fronte a questa notizia, come è giusto, si registrano reazioni differenti: ciò che colpisce è però la reazione di alcuni che, bardati a lutto, gridano all'imbarbarimento del mondo e alla morte della classicità. Ma sarà davvero vero? Dobbiamo davvero prepararci ad un funerale?

Il dato è quello: il greco ed il latino non piacciono più, perlomeno alle grandi masse. Quali sono i motivi di tutto questo? Molti e nessuno a dire il vero. Il primo motivo è legato alla didattica, che molto spesso privilegia apporti mnemonici, dove si chiede agli alunni non di "capire" o "ragionare" ma di buttare tutto a memoria. E di questo se ne accorge chiunque, anche un profano come il sottoscritto.

Ma io credo che ci sia qualcosa di più profondo, quasi antropologico- sociale: si è eclissato il mito di una classicità che era, a mio modesto parere, più una esibizione di status che una realtà concreta. Si è spenta quella idea di "aprire la mente" che come un credo religioso si è andata inseminando nelle menti di quattordicenni che non l'hanno mai fino in fondo capito ma che l'hanno professato ciecamente. Non ce lo nascondiamo, il liceo (in particolare quello "classico") è stato per decenni la scuola della classe dominante, del figlio del medico, dell'avvocato o del notaio; è stata la scuola di chi aveva il destino scritto e che, transitando dal liceo, avrebbe poi seguito le orme materne o paterne nel mondo della medicina, dell'avvocatura e così via. E mi rendo conto che tutto questo sia una generalizzazione molto forte, ma funzionale a capire la situazione.

Ad un certo punto il liceo si è "democraticizzato", ha aperto le porte a flotte di studenti nuovi che a loro volta, ascendendo nella scala sociale, non volevano imparare il greco ed il latino ma acquisire uno status che fino a qualche anno prima gli era stato precluso. E così questo "privilegio dello spirito" è diventato un po' più di tutti, eppure non tutti erano pronti a condividerlo. Non è raro, ancora oggi, avvertire questa ostilità dai contorni sociali anche all'interno della stessa classe. 

Ed ecco che quando questo "simbolo di status" è diventato accessibile se ne è capita l'insensatezza e si è cominciato a ragionare in maniera molto più lucida: si è riscoperta finalmente, senza preconcetti, la bellezza di una civiltà che ha molto da offrire e molto da insegnare a patto che la si smetta di considerarla come lo stendardo che legittima una presunta "nobiltà" intellettuale; si  è capito che non è una scuola specifica, spesso autoreferenziale e incapace di adattarsi ad un mondo in rapido mutamento, ad offrirti le chiavi di interpretazione di un mondo ricco di splendori, ma anche di profonde contraddizioni. 

Oggi più che mai è necessario uscire dalla torre d'avorio in cui ci siamo asserragliati, di deporre le armi e di distruggere ogni altezzosità. Non è ancora tempo di funerali, a patto che si cominci a guardare il mondo con occhi diversi, meno tendenziosi.

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Michele
Ho 24 anni, sono Laureato in Filologia, Letterature e Storia dell'Antichità e credo fermamente nel potere dell'insegnamento.Contattare
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