Come promesso nell'articolo precedente 'Come superare gli ostacoli del latino - prima parte', analizziamo ora come la didattica possa accrescere l'interesse originario dello studente in rapporto alle sue singole componenti.
Rammentiamo lo schema degli aspetti costitutivi della motivazione:
senso della sfida;
curiosità;
volontà di controllo;
creatività volta alla soluzione;
competizione (anche con se stessi: per migliorarsi);
cooperazione;
ambizione volta al riconoscimento da parte degli altri.
Abbiamo già accennato ai punti 1), 2) e 7).
Come atteso, il punto 2) si conferma centrale. Ben prima dei più recenti studi di psicologia della didattica, il peso della motivazione nell'apprendimento era evidente anche agli antichi. Il poeta latino Quinto Orazio Flacco (65 a.e.v.-8 a.e.v.) espone nella sua Ars Poetica – trattato in esametri sulla composizione – il celebre principio del «miscere utile dulci». Forte di origini aristoteliche ed epicuree, l'idea secondo la quale la poesia debba istruire dilettando, cioè addolcendo un contenuto serio, resterà, per secoli, un pilastro dell'insegnamento a misura di discente. Evocare l'antichità di questo trucco equivale a rivendicarlo oggi sia come linea guida generale che come presupposto da aggiornare.
Inizia a dare ripetizioni di latino
Ciò vale anche per le lezioni private – le così dette “ripetizioni”, in grado, in realtà, di offrire agli studenti una proposta non solo complementare, ma alternativa alla scuola tradizionale. Quanto un ammanto gradevole giovi al docente emerge nella seconda parte della terza ottava della Gerusalemme liberata. Ecco qui i versi di Torquato Tasso (1544-1595):
Così a l'egro fanciul porgiamo aspersi
Di soavi licor gli orli del vaso:
Succhi amari, ingannato, intanto ei beve,
E dall'inganno suo vita riceve.
Il senso è chiaro: la forma suadente permetterà al poema di edificare il lettore come il miele sui bordi del bicchiere rende accettabile al ragazzo ammalato la sgradevole medicina.
Torniamo con i piedi per terra: non è la vita che chi cerca lezioni private – o, addirittura, semplici “ripetizioni” – riceve dall'insegnante di latino. Quello che può aspettarsi è, però, un valido ausilio didattico che valorizzi le sue competenze pregresse. Nessuno parte infatti da zero nell'acquisizione del latino. Renderne consapevole chi studia al liceo o all'università, chi si specializza o chi riprende gli studi da adulto è come raccogliere un frammento della maieutica di Socrate: l'arte di chi, figuratamente, fa nascere l'individuo – ovvero, risveglia nella persona la coscienza del già noto. Per il poliglotta che organizza lezioni private, le competenze degli allievi sono quindi un'ancora preziosissima.
Ecco perché diventa essenziale conoscere le credenziali di ogni studente, ovvero:
a) la sua provenienza regionale se di madre lingua italiana;
b) la sua madre lingua, se diversa dall'italiano – con un occhio di riguardo al bilinguismo;
c) il suo bagaglio culturale complessivo;
d) l'eventuale lingua o le lingue studiate a scuola;
e) l'eventuale miglior rapporto con il greco antico – in caso di iscritti al liceo classico.
Quanto al punto 5), se l'insegnamento riguardasse il greco antico e lo studente fosse più forte in latino, la strategia sarebbe inversa – e i paragoni con la lingua di Omero sorgerebbero da quella di Cicerone. Il concetto non cambia: trattare lo stesso testo latino con alunni diversi significa puntare sugli aspetti più memorizzabili caso per caso. L'approccio è lo stesso: agli allievi viene sempre proposto di ricavare da un testo la condotta generale della lingua, procedendo dal particolare all'universale secondo il metodo induttivo, opposto al tradizionale percorso deduttivo: dall'universale al particolare.
La scelta induttiva ha maggior presa sugli allievi, spinti a ragionare sul brano latino che hanno davanti anziché a ricercarvi la conferma empirica di come il manuale X, a pagina Y, “dica il vero” sulla grammatica latina. L'esercizio concreto non è una stampella del “grande libro delle regole”: la lingua è nata prima di chi l'ha inchiodata a norme suddivise in paragrafi.
Ragionare vuol dire, innanzi tutto, disambiguare: decidere che, in un certo contesto, quella desinenza propria – poniamo – sia dell'ablativo che del dativo plurale, lì dev'essere un ablativo come richiede il verbo utor che regge quel caso – o, al contario, è dativo, perché la costruzione è quella di un verbum dandi come in “attribuire un compito/riconoscere un merito/consegnare un premio/consigliare una lettura/prestare una zappa/restituire un oggetto a quegli amici” (illis amicis).
Torneremo su questo. Intanto, riflettiamo su come la componente individuale possa orientare la didattica. In altre parole: come può l'insegnante di lezioni private di latino sfruttare il retroterra di chi cerca “ripetizioni”… e si ritrova pronto un metodo?
“Dimmi chi sei, e ti dirò che latino vuoi”
Considerare i presupposti del singolo studente equivale a sfruttare al meglio quel modello uno-a-uno che era il rapporto alunno-precettore personale ancora riproducibile nelle lezioni private.
Poniamo il caso di un allievo napoletano. Ricollegare i congiuntivi esortativi latini eamus, eatis (cfr. iamme, iate) o gli imperativi transi, transite (cfr. trasi, trasite) alle forme derivate nella sua lingua locale consentirà, insieme, sia di riflettere sui verbi composti introdotti da un prefisso – trans-ire si comporta come ire, con l'aggiunta della preposizione – sia di scoprire curiose assonanze. L'avverbio mox o modo “in fretta” gli ricorderà il mo' usato dalle sue parti e non solo; il plurale neutro latino cicera gli spiegherà l'origine dei suoi cicere o “ceci” e il nome di Cicerenella nella canzone popolare. Il milanese scoprirà il rapporto fra un detto lombardo e questi versi di Virgilio:
Cui vates, iam horrere videns iam colla colubris,
melle soporatam et medicatis frugibus offam
obicit. […]
(Eneide, VI, vv. 419-421)
Nella scena in cui Cèrbero, il cane tricefalo custode dell'Ade, viene sedato dalla Sibilla con una focaccetta mielata, quel dolce è detto offa. La stessa radice torna nell'espressione «ofelè, fa el to mesté» (“pasticcere, fa' il tuo mestiere”), con cui si mette al silenzio chi s'immischia in questioni che non gli competono.
Si tratta solo di due esempi di come l'altisonante latino possa essere reso familiare. Mille altri se ne potrebbero aggiungere – per chi parla spagnolo, ricordiamo almeno miedo da metus “paura”, preguntar da percontari “chiedere”, querer da quaerere “desiderare”, nunca da numquam “mai” ecc. ecc. Per la vicinanza al latino classico, pochi esempi sardi tra i numerosi possibili sono: ianna da ianua “porta”, mannu da magnus “grande”, domo da domus “casa”, die da dies ecc. ecc. Per altri riflessi occidentali, si rimanda all'articolo di questo stesso blog: Il latino e le lingue romanze: partire da qui per imparare il francese.
Al di là del “colore locale” – utile soprattutto se quella particolare forma latina resta solo o quasi nella variante romanza dell'alunno – l'interesse di chi segue lezioni private sarà soddisfatto anche in rapporto al punto 3) degli ingredienti motivazionali: la volontà di controllo. Le curiosità etimologiche e i punti esclusivi di continuità tra il latino e la propria parlata – non solo italiana – possono senz'altro incuriosire.
Ma che dire della “presa” sulla lingua latina? Come offrire agli studenti qualche margine certo di previsione che anticipi la funzione di un elemento grammaticale, la natura di un sostantivo, la sua appartenenza a una declinazione, il senso di un composto, il peso di un prefisso, la base di una radice, per garantire un molo sicuro in questo mare? Il discorso sarebbe lunghissimo.
Il discorso seguente riassume come il metodo induttivo-comparativo aiuti a dipanare la matassa.
La volontà di controllo del singolo testo e del sistema generale anima gli studenti di lezioni private non solo di latino, ma di qualunque materia. Poter contare su uno schema coerente riconoscibile sconfigge la frustrazione. Tale spinta al dominio della conoscenza rappresenta il punto 3) delle forze motivazionali. Soddisfare questo impulso risponde a un motto: «scomporre per ricomporre».
Gli studenti di lezioni private devono essere infatti messi davanti a un tavolo di anatomia dove smembrare ogni parola ridotta ai suoi componenti. In un certo senso, ogni parola è un composto. La nota funzione qualificante di un elemento posto a sinistra in inglese – cfr. snow-flake = “fiocco di neve”, spider-man = “uomo-ragno”, wonder-land = terra delle meraviglie ecc. ecc. – aiuterà gli allievi a distinguere una forma dall'altra secondo lo schema:
prefisso-radice (con l'eventuale aggiunta di un elemento tematico)-suffisso-desinenza.
Prediamo ad esempio i verbi. Il concetto-base della radice ced- del verbo cedĕre è “muoversi perdendo la presa” – come nella frase «il tetto ha ceduto ed è crollato».
In latino – con riflessi diretti in italiano e altrove – ho anche:
ac-ced-ĕ-re < ad-ced-ĕ-re; de-ced-ĕ-re; in-ced-ĕ-re; pro-ced-ĕ-re; retro-ced-ĕ-re; suc-ced-ĕ-re
< sub-ced-ĕ-re e così via.
Il prefisso trasforma il concetto-base di moto espresso dalla radice: conoscerne il significato generico consente di prevedere i nuovi significati conferiti dai prefissi. Se entro in un posto, accedo; se vado avanti, procedo; se vado indietro, retrocedo eccetera. E se muoio, cosa faccio? decedo. Il deceduto è, infatti, uno che “se n'è andato via” (cfr. de- = “lontano da”, con idea di moto da luogo).
Emerge così come anche i significati a prima vista meno palesi siano deducibili “leggendo tra le righe” del sistema.
Nel caso di con-ced-ĕ-re, si fa un passo ulteriore. Il valore transitivo di “riconoscere un diritto/un privilegio/un vantaggio a qualcuno” (cfr.: «gli hanno concesso una proroga») deriva dall'idea di “lasciar andare” – qui, a muoversi, è l'oggetto concesso, dal quale “si molla la presa”.
Riflettendo su questi meccanismi, chi studia elabora una strategia di controllo interpretativo del materiale linguistico, anticipando un senso da confermare sul dizionario di latino grazie alla creatività citata come punto 4) degli ingredienti della motivazione.
Com'è intuibile, la fantasia degli studenti di lezioni private deve però essere bene “incanalata”, facendo leva su una certezza: l'utilità dello scomporre per ricomporre va molto oltre gli infiniti verbali. Restando alle diramazioni della radice di cedĕre, accessus, decessus, processus, successus e così via sono altrettanti esiti riconducibili al supino (qui segnato in grassetto) del paradigma-base: cedo, cedis, cessi, cessum, cedere. Cosa significa? Che i sostantivi derivati descrivono una funzione risultativa riflessa in una serie di nomi della quarta declinazione, riconoscibili come tali: accessus, -us (“l'atto e l'effetto di entrare”); decessus, -us (l'atto e l'effetto di andare via/morire); processus, -us (“l'atto e l'effetto di andare avanti”) successus, -us (“l'atto e l'effetto di salire... come chi ha successo in un'impresa). Questi sostantivi della quarta declinazione esemplificano i così detti nomina rei actae (“nomi dell'azione compiuta”).
Sempre dalla radice del supino, capiamo ora che a suffissi diversi corrispondono funzioni diverse: processione – da *processio(n), processionis – indicherà il corteo che “va avanti”, predecessore (da *prae-de-cess-or) sarà chi “è venuto prima”, e così via.
L'ex “studente di ripetizioni” sa ormai di essere un allievo privilegiato di lezioni private. Ma dopo averla stimolata, bisognerà accompagnare la sua creatività – per esempio, nel caso delle trasformazioni vocaliche.
Per aiutare gli allievi di lezioni private a impadronirsi dell'apofonia latina bisogna sfatare il timore prodotto da quel parolone – «cos'è, ora, questa 'apofo-qualcosa'?». L'arma è sempre quella: l'approccio induttivo, con i suoi esempi diretti tratti dai testi e, quindi, generalizzati per analogia.
Ecco una situazione molto probabile: l'alunno deve affrontare un brano degli Ab Urbe condita libri di Tito Livio. Questo allievo sa che la formula riportata nel titolo allude agli anni trascorsi dalla fondazione di Roma – la città o “urbe” per eccellenza. “Ab urbe condita” vuol dire, infatti, “dalla città fondata” – ovvero: “da quando la città è stata fondata”.
Fondata traduce dunque condĭta. Quel participio perfetto femminile all'ablativo singolare della prima declinazione riflette il tipo condĭtus, -a, -um. Certo, ma da dove viene? Viene da *cum- + dă- + t- + a – ovvero, al netto di prefisso, suffisso e desinenza, dalla radice dă- del verbo atematico dă-re, rimasto in italiano. Ora, la forma condĭta con quella /ĭ/ breve che non è più una /ă/ breve per effetto del prefisso di una sola sillaba, in quale squadra la mettiamo?
In questa:
A) (in)-abs-con-dĭ-t-us/-a/-um; B) ad-dĭ-t-us/-a/-um; C) e-dĭ-t-us/-a/-um; D) tra(ns)-dĭ-t-us/-a/-um
Come mi spiego A)? – “da-t-o via da parte raggruppando” = “nascosto”;
Come mi spiego B)? – “da-t-o in più (idea di moto)” = “aggiunto” – cfr. addizione < *additio(n);
Come mi spiego C)? – “da-t-o fuori da” = “pubblicato” – cfr. edizione < *editio(n);
Come mi spiego D)? – “da-t-o oltre” = “trasmesso” – cfr. tradizione < *tra(ns)ditio(n).
A questo punto, come mi spiego con-dĭ-t-us/-a/-um? Così: “da-t-o insieme” = “connesso, costruito”. La città di Roma è “fondata” in quanto “con i pezzi messi insieme”.
Il verbo condo, condis, condĭdi, condĭtum, condĕre deriva, insomma, da cum + do.
Ecco il paradigma-base: do, das, dĕdi, dătum, dăre – col perfetto raddoppiato riflesso nell'italiano: diedi.
Ma che succede se il prefisso ha più di una sillaba? Nel caso di circum-do, -das, -dĕdi, -dătum, -ăre
il vocalismo non cambia: la /ă/ breve rimane tale, senza chiudersi in /ĭ/ breve. Il verbo italiano circondare riflette fedelmente la situazione: se un libro può essere edito in più compie, un giardino può essere circondato di siepi.
Gli esempi ora ricordati possono estendersi a una quantità di altre radici contraddistinte dal vocalismo in /ă/ breve: esigenza < *ex-ăg-e-nt-ia (che rimanda al verbo ago, agis, ēgi, actum, agĕre); recipiente < *re-căp-i-e-nt-s (> recipiens) < recipio < re + căpio, căpis, cēpi, captum, capĕre;
sufficienza < *sub-făc-i-e-nt-ia (> sufficientia) < sufficio < subficio < sub + făcio, făcis, fēci, factum, facĕre. Esempi simili, con trasformazioni vocaliche diverse, potrebbero moltiplicarsi a dismisura. Qui si tratta solo di fornire un'impressione di massima.
Sia come sia, spinti a ragionare sui fenomeni fonetici, gli allievi di lezioni private avanzano ipotesi che, sebbene richiedenti verifica, rivelano un primo dominio dei meccanismi compositivi latini: lo sviluppo atteso trova conferma nella grafia (forma), contribuendo insieme a chiarire il significato (contenuto).
Sviluppare questa forma mentis surclassa l'obiettivo strettamente scolatico di molti sedicenti allievi di “ripetizioni” che seguano lezioni private. Ragionare sugli elementi costitutivi del latino (o del greco antico, certo) fornirà infatti un metodo di analisi utilissimo per apprendere altre lingue. Pochi esempi dal tedesco renderanno l'idea:
gehen, ging, gegangen è il paradigma del verbo forte che significa “andare” - cfr., in inglese, to go. La forma Gang è la versione apofonica del sostantivo tedesco indicante l'atto di andare.
Mutare il prefisso muta il significato: Ausgang sarà l'uscita, grazie alla preposizione che significa “via da”; Durchgang indicherà il passaggio, poiché durch vuol dire “attraverso”; Eingang varrà “entrata”, perché ein- allude all'ingresso in un luogo; Zugang significherà “accesso” come implicato moto a luogo suggerito dalla preposizione e così via. Il corrispettivo del dăre latino è in tedesco geben, gab, gegeben – cfr., in inglese, to give, gave, given. Se um significa “intorno”, come si dirà circondario (< circum-dă-rium) in tedesco? Ovvio: Umgebung. A radice diversa, sviluppi paralleli: sulla scorta di Gabe – cfr. la vocale /a/ di Gang – ecco, dunque, Ausgabe = edizione; Angabe = dato indicato; Eingabe = dato inserito; come verbo, ver-geben = per-donare.
Affiora qui la componente comparativa del metodo: gli sforzi degli studenti di lezioni private col latino frutteranno, se hanno voglia, anche altrove.
Quel termine prima così esotico – l'”apofonia” – descrive infatti un fenomeno altrettanto ben attestato, oltre che in greco, nelle lingue germaniche, dove trovo, per dire, in inglese, sia il verbo forte to sing, sang, sung accanto al sostantivo song sia il verbo forte to speak, spoke, spoken accanto al sostantivo speech, con la vocale mutata a definire la funzione mutata – tempo verbale, rapporto verbo vs sostantivo e così via.
A chi cerca semplici “ripetizioni”, le lezioni private di latino mostrano così la lingua sotto una luce nuova, più ampia e aperta al confronto.
Fornire agli studenti semplici accenni all'importanza della “scomposizione e ricomposizione” anche al di fuori del latino dischiude loro l'utilità di tale pratica. I prossimi articoli illustreranno ulteriori particolarità. Per ora, basterà questo abbozzo di risposta a ogni ingrediente della motivazione, come da elenco iniziale. Sappiamo quanto incida alimentare: senso di sfida (1), curiosità (2), creatività (4), ambizione tesa al riconoscimento (7). Si è detto della volontà di controllo (3), soddisfatta da una maggiore coscienza del sistema-lingua sul piano compositivo e fonetico – dentro le parole, insomma. Ma cosa accade tra le parole, nelle singole frasi, quando occorre disambiguare? Qual è la giusta strategia per destare negli studenti di lezioni private un discernimento che orienti le scelte nel dubbio? Eccoci al tema della cooperazione (punto 6 degli stimoli motivazionali); ecco dove primeggia il dialogo tra alunni e insegnante: dove l'interesse ormai maturo dello studente lo spinge ad affidarsi a chi sa indirizzarlo.
A questo argomento dedicheremo il prossimo post, incentrato sull'arte di disambiguare sotto l'occhio vigile del proprio docente di lezioni private.