L'incertezza economica e la memoria dell'instabilità dei mercati: 1929 e 2008, due crisi a confronto

Noti economisti e pensatori economici di tutti i tempi si sono cimentati nel dare interpretazioni meticolose al fine di attribuire una causa comune alle due grandi flessioni economico-finanziarie che hanno sconvolto i mercati globali: la crisi di Wall Street e la Grande Depressione del 2008.

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Si è potuto notare il presenzialismo scenico degli Stati Uniti che nelle due recessioni è stato l'elemento predominante nel panorama dell'economia mondiale. Non a caso le crisi nacquero negli ambiti finanziari americani per poi diffondersi con notevole impatto sui settori economici di moltissimi Paesi che inizialmente sembravano procedere a gonfie vele forti di un apparente vento a favore.

D'altronde la fine della Prima grande guerra aveva lasciato un'impronta incisiva sulla creazione di un nuovo ed incerto equilibrio relativo all'intero sistema economico sottolineando come il trattato di Versailles mise in luce gli aspetti economici e finanziari di una pace destabilizzante: le spese relative alle riparazioni di guerra imposte alla Germania, uscita fortemente sconfitta dalle ostilità, furono altissime e insostenibili per il Paese tedesco. Il professore Jhon Maynard Keynes, noto economista britannico che, presenziò come componente della delegazione britannica alla conferenza di Versailles, espresse il suo totale dissenso rispetto a quanto fu stabilito tanto da dimettersi dal suo incarico.

Keynes fu l'autore del saggio di grandissima importanza storica intitolato: "The Economic Consequences of the Peace" che delineava le tragiche conseguenze di una pace ritenuta inaccettabile dalle ripercussioni catastrofiche relative ad un periodo incredibilmente ampio.

Non furono poste le basi per una stabile collaborazione internazionale ma, l'obiettivo primario, fu quello di sanzionare pesantemente la Germania con il fine di indebitarla gravosamente. Tale destabilizzazione ben presto, coinvolse gli Stati europei.

Gli Stati Uniti emersero, dal quel preciso momento in poi, come protagonisti indiscussi nell'economia mondiale forti di un incremento via via sempre più significativo degli investimenti esteri favoriti anche dal fatto che, nel periodo della Prima grande guerra, fecero la loro comparsa tardivamente restando peraltro per tutto il periodo i principali fornitori delle armerie di tutti gli Stati belligeranti.

Volgendo l'attenzione al dopoguerra, si può notare come, il cambiamento traumatico di un'economia bellica che, aveva alimentato la produzione, ad un'economia di ripristino, considerata di gran lunga più cauta, si rifletté negativamente sull'offerta. Ne conseguì una sottoproduzione significativa che richiamò l'attenzione dei governi, i quali attuarono manovre interventiste per la ripresa dell'economia.

La conferma del nazionalismo era sempre più manifesta attraverso politiche economiche protezionistiche. La produzione bellica aveva creato spinte inflazionistiche e la conseguente diminuzione del potere d'acquisto in quanto si era proceduto con l'immissione di nuova carta moneta al fine di finanziare la fabbricazione di armamenti.

 Così, anche dopo la fine del conflitto, arrestare il processo di svalutazione della moneta fu impossibile, in quanto, era necessario sovvenzionare la ricostruzione delle economie dei Paesi coinvolti.

Solamente nel 1924, quando fu istituito il piano Dawes, la Germania poté rateizzare il debito di guerra, stabilizzare la moneta locale e ricevere prestiti da altri Paesi; poco più tardi, nel 1929, seguì il piano Young che decretò la fine del preconcetto politico nelle spese di riparazione.

Questo tipo di intervento fece sì che i capitali americani confluissero indirettamente anche a tutti i Pesi coinvolti nel conflitto. Gli Usa divennero il fulcro mondiale dell'economia mondiale. Nel periodo post-bellico la legge di Say aveva al seguito tanti sostenitori tra gli attori economici, per cui era convinzione largamente diffusa che per ogni quantità di produzione immessa sul mercato ci sarebbe stato un acquirente disposta a comprarla.

Vigeva dunque, un clima di fiducia goliardica tra gli operatori economici e finanziari americani: la produzione procedeva a gran ritmo e le politiche di protezionismo allentarono le esportazioni delineando una chiusura nazionalistica. È evidente che ciò comportò una sovrapproduzione incontrollata che andò di pari passo con l'intensa euforia finanziaria speculativa che non ha supportato in sostanza il potere d'acquisto di un'economia reale.

Se la crisi di Wall Street coinvolse la Borsa statunitense registrando rialzi mai visti prima sfaldando l'intero sistema economico e finanziario, la crisi del 2008 fu generata da un innalzamento consistente dei prezzi in primis nel settore immobiliare per poi propagarsi nell'intero sistema. La crisi più recente è nata anche a causa della "finanziarizzazione dell'economia".

L' espressione, per intenderci, viene utilizzata in campo economico, al fine di mettere in rapporto il totale delle attività finanziarie e il Prodotto Interno Lordo, generando un'indicizzazione elevatissima.

Questo rapporto economico fa sì che si ottengano buoni risultati d'investimento se i privati affidano i loro investimenti a gestioni fiduciarie piuttosto che effettuare investimenti in linea diretta sul mercato.

Da ciò scaturisce una generosa forma di fiducia nei soggetti intermediari non sempre però dovuta a pieno titolo a causa della non totale trasparenza degli operatori economici.

Il sistema descritto conferisce al mercato liquidità ma va a favorire la speculazione finanziaria se si tiene conto che i gestori finanziari non sono responsabili di errori legati agli investimenti ma, in caso positivo partecipano ai profitti. Dunque una deregolamentazione o una regolamentazione insufficiente sembra partecipare come fattor comune alle due grandi crisi.

La crisi economica del '29 inoltre, ha permesso l'instaurarsi dei regimi totalitari, si pensi al fascismo in Italia e al nazismo in Germania. Ancora una volta Keynes sembra, attraverso le sue teorie economiche, aver dettato le soluzioni corrette da adottare che purtroppo non sempre sono state prese in considerazione.

Così facendo, delimitare il processo evolutivo delle recessioni auspicabili del ben pensato ciclo economico, non è stato possibile. D'altronde la fase di espansione economica degli Usa quanto sarebbe potuta durare? Perché non ci si è posti il problema rilevante della ciclicità delle fasi canoniche che si ripropongono come la storia economica ci insegna?

 Come ben si sa, prevenire è meglio che curare, ma i più, non ne hanno tenuto conto! Il miglioramento dell'efficienza economica in termini di competitività e risorse si ritiene necessaria per contrastare con diplomazia le future depressioni economiche.

La cooperazione internazionale sarebbe la chiave dello sviluppo e del sostenimento del sistema globale che dovrebbe alimentarsi di interessi collettivi a discapito dell'infido interesse individuale, non a caso è bene oggi come oggi enfatizzare il detto:"l'unione fa la forza!"

Dorotj Biancanelli

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