• Perché studiare latino e greco

Che senso ha studiare il latino e il greco classico oggi?

Oggi, mentre la velocità sembra pervadere ogni aspetto della nostra vita nello “spazio sospeso” – la dimensione virtuale che cancella le distanze e ci coinvolge in una realtà oltre la geografia – questa domanda coincide con un quesito generale sulla funzione della storia.

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Che senso ha studiare il latino e il greco classico oggi?

Rispondervi in questa sede significa:

1) ribadire l’utilità delle lezioni private come contesto ideale per superare i limiti del semplice “supporto didattico”, approfondendo in forma attiva aspetti troppo spesso trascurati nell’ambito scolastico tradizionale;

2) mettere al centro le esigenze degli studenti a tutti i livelli, da quello delle medie superiori all’università – una spinta in più è decisiva anche se l’interesse del discente è di rango accademico – dimostrando come e perché l’impegno richiesto per affrontare le lingue classiche sia sempre e comunque ripagato;

3) nutrire l’ambizione di andare addirittura oltre le aspettative degli stessi interessati – giovani o meno giovani che siano – proponendo spunti di riflessione, prospettive di analisi e curiosità in grado di rivelare interconnessioni tra passato e presente tanto profonde quanto inattese;

4) valorizzare la nuova consapevolezza degli studenti di tutte le età per aiutarli a coltivare un rapporto personale con il latino e il greco antico capace di incidere positivamente sui loro risultati a partire da quella scelta volontaria di imparare che è la sola vera scintilla dell’apprendimento inteso come entusiasta appropriazione di nuove conoscenze e abilità.

Prima di procedere, vale però la pena di sottolineare come l’avanzamento tecnologico, anziché offuscarla, illumina e ribadisce l’importanza del nostro passato. Attraverso i mezzi attuali, esplorare l’affascinante universo dell’antichità è più che mai alla portata di tutti, ben oltre i limiti temporali del periodo scolastico o universitario e della lezione in classe. Il materiale reperibile in rete è infatti ricco e vario, facilmente accessibile soprattutto grazie alla guida di un esperto di didattica applicata alle lezioni private – settore che presuppone un rapporto immediato con gli studenti e un’occasione di crescita culturale che va ben oltre l’angusto orizzonte delle così dette “ripetizioni”.

Certi dell’abbondanza di risorse online utili alla conoscenza del passato sotto forma sia di fonti letterarie sia di ricostruzioni in 3D di edifici e templi vecchi di secoli nel loro splendore originale, al di là dell’incanto dei monumenti che tuttora possiamo ammirare, perché dedicarsi all’analisi di lingue così complesse, se, non credendo negli spiriti, non ci sembra sensato affannarci tanto per parlare con loro, mentre l’inglese – padrone incontrastato dei social media, del marketing, della moda e, insomma, della contemporaneità in senso lato – sembra bastarci a vivere il presente parlando coi vivi? Perché, insomma, puntare sulle così dette “lingue morte” – mai definizione fu più ingiusta e riduttiva – rivolgendosi a chi si occupa di lezioni private non solo per migliorare il proprio rendimento scolastico, ma anche per soddisfare una sete di scoperta personale?

Il punto è proprio questo: l’inglese ci serve nel presente. Ma che cos’è il presente? Come possiamo averne consapevolezza senza guardare un poco indietro e ricostruirne la dinamica? Come ogni dimensione, anche quella cronologica ha uno spessore, e quello spessore è il mondo che ci ha preceduti.

Se un viaggio avventuroso è stato un’Odissea, se un’esperienza da ricordare è mitologica o una brutta situazione può finire in tragedia; se non sempre è possibile godere di una calma olimpica – magari perché si è incerti sulla vittoria del nostro campione olimpionico preferito –; se è piacevole, dopo una giornata al mare o in montagna, riposarsi fra le braccia di Morfeo, mentre non è il caso né di farsi prendere dal panico né di fare storie, perché conviene, piuttosto, prenderla con filosofia è perché il greco antico ha lasciato nelle nostre lingue attuali – compreso il già citato, onnipresente inglese – tracce tanto profonde da affiorare nel gergo di tutti i giorni.

Quello che per noi è banale perché dato per scontato non lo sarebbe affatto senza la raffinatezza della cultura greca che ci ha trasmesso il teatro e la democrazia e senza l’ingegno della civiltà romana, cui dobbiamo risultati fondamentali nell’idraulica, nell’architettura e nel diritto. Più di un acquedotto ha sfidato i secoli ed è giunto fino a noi; quella vista mette in soggezione. Ben più affrontabile è una guida turistica – ovvero un Cicerone, professionista di tour organizzati per schiere di visitatori così come il più celebre oratore latino era professionista dell’eloquenza. Se si vuole, ancora più a portata di mano è, ovviamente, l’insegnante che approfitta della nostra necessità di “ripetizioni” per offrirci molto di più: guidarci, per esempio, proprio nel mondo di Cicerone senza limitarsi a renderci accessibile il già noto, ma invogliandoci ad avventurarci oltre per farci un’idea tutta nostra dell’antico e del suo rapporto con l’oggi.

Come si vede, non occorre cercare lontano per trovare quanto la presenza utriusque linguae – “di entrambe le lingue”, come i latini definivano collettivamente il loro idioma e quello dei loro ispiratori – impronti a sé ogni aspetto della nostra realtà: dalle altezze dell’astrazione al linguaggio colloquiale – sentiamo infatti dire: “sono scettico sulla loro buona riuscita” o “il loro affetto è solo platonico”.

Con le loro scadenze e le loro tappe obbligate, i programmi ministeriali non sempre offrono lo spazio per considerazioni di più ampio raggio sull’impatto delle lingue classiche nel nostro quotidiano. Poiché, però, l’esperienza di tutti i giorni comprende tanto il lavoro davanti allo schermo quanto un salto in farmacia, una visita a qualche museo, l’ascolto di uno o più brani grazie al nostro servizio di streaming musicale preferito e la visione online di un film, quanto segue esemplifica con pochi esempi fino a dove risuonino il greco antico e il latino.

Le lingue classiche nella tecnica, nella scienza e nella tecnologia

Passando dalla cultura umanistica a quella tecnico-scientifica, prima dell’avvento del modem, dello scanner, dei software, dei server, dei byte, dei router e di tutto quanto ruota intorno all’informatica, le lingue classiche hanno svolto un ruolo cruciale anche in questo settore, forti del loro riconoscimento come comune eredità internazionale: a suo tempo, nacquero così neologismi come telegrafo e telefono, elettricità, termodinamica, chilogrammo, chilometro, morfologia, biologia, geologia, chimica, gasdotto, tachimetro, barometro, isobara, genetica, energia atomica, televisione, aeronautica, astronauta, domotica, sismicità, tettonica e mille e mille altri, ciascuno con la sua variante nella lingua moderna ospite.

Come curiosità, è bene osservare che anche la scienza del computer ora ricordata rimanda, ad esempio, al latino computator “calcolatore” per quella parola chiave, come rimanda al greco nel caso del megabyte – il “grande byte”, nello specifico – e del trojan – il veicolo di un virus informatico, paragonato appunto al cavallo di Troia di cui narra l’Iliade. Lo stesso modem già menzionato è poi l’abbreviazione di modulator-demodulator – che, tolta la pronuncia anglosassone, non è altro che latino.

Le lingue classiche nella medicina

La medicina è un ulteriore ambito fondamentale per la circolazione di radici da utraque lingua – con una certa preferenza per il greco. Oltre al citato virus, al tinnitus, all’angina pectoris, alla costipazione, alla febbre e all’ospedale come esempi desunti dal latino, ricordiamo fra moltissimi altri composti greci, l’emicrania, l’ipertiroidismo, il gastroenterologo, l’otorinolaringoiatra, la cardiopatia, l’ipoacusia ecc. ecc. ecc.

L’interesse di questo patrimonio lessicale consiste nella sua natura neologistica – altro grecismo –, testimone già da sola del ruolo unanimemente riconosciuto alle lingue classiche come espressione trasversale della civiltà europea: ricorrere alla definizione greca o latina significava infatti “non far torto a nessuno”: un avanzamento tecnologico – altro grecismo – doveva essere ricordato in modo tale da non suscitare rivalità tra francese e tedesco, tra inglese e spagnolo o tra russo e italiano: greco e latino accontentavano tutti perché “erano” di tutti.

Le lingue classiche e la cultura antica nella musica, nelle arti figurative e nel cinema

Ugualmente di tutti è la tradizione musicale in latino nota e diffusa nel Vecchio Continente e nei territori via via compresi nell’ambito della cultura europea, i cui testi di argomento religioso o profano costituiscono un repertorio variegatissimo per temi ed epoca, che conserva inalterata la propria importanza e notorietà fino agli onori della settima arte: il cinema. Chi non conosce i Carmina Burana, antologia medievale di canti in buona parte in latino conservati nell’abbazia bavarese di Benediktbeuern? Il celebre brano Fortuna Imperatrix Mundi che ad essa appartiene è infatti spesso usato come colonna sonora di più di un film horror, per quell’effetto inquietante e misterioso che sa suscitare.

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Il riferimento alla settima arte ci ricorda che, prima del cinema, la tradizione classica ne annoverava sei: pittura, scultura, architettura, letteratura, musica (appunto) e danza. Ciascuna di queste reca vivide tracce del contributo antico nella codificazione dei soggetti e delle modalità espressive, fondate per secoli – fino all’avvento dell’astrattismo, nel XX secolo – sul principio della mimesi: l’imitazione della natura. Senza uno sguardo nel mondo greco-romano, i capolavori del Rinascimento e del Settecento arcadico restano lettera morta. Senza riferimenti al mito classico, la personificazione della Primavera (1480 ca.) attorniata dalle tre Grazie, da Zefiro, dalla ninfa Clori nonché da Venere e Cupido, opera del fiorentino Sandro Botticelli, la Sala dei Giganti dipinta da Giulio Romano a Mantova (1531-1536), o L’imbarco per Citera (1717) del pittore settecentesco Antoine Watteau sono del tutto incomprensibili. In alcuni casi, scultura e letteratura si uniscono anche, per meglio celebrare la memoria della classicità – come ci ricorda la gloria barocca di Apollo e Dafne (1622-1625), opera maestra in marmo di Gian Lorenzo Bernini recante alla base alcuni versi tratti dalle Metamorfosi di Publio Ovidio Nasone, ultimate nell’anno 8 d.C.

L’arte bella dei suoni dà ugualmente il proprio contributo in termini di eredità dal mondo antico: L’après-midi d’un faune di Claude Debussy (1876) e l’Œdipus rex di Igor Fëdorovič Stravinskij (1927) ci guidano, rispettivamente, su note rievocanti un clima bacchico e i territori della tragedia greca.

Ma è il cinema, ancora, a dimostrare gli effetti più attuali dell’incanto classico: il pubblico contemporaneo può goderne i frutti dal Satyricon (1969) del compianto regista Federico Fellini, ispirato all’omonimo romanzo latino composto nel I secolo d.C. da Gaio Petronio Arbitro, alle drammatiche suggestioni, ancora, dell’Edipo re (1967) e della Medea (1969) di Pier Paolo Pasolini – la cui fonte va rintracciata, rispettivamente, in Sofocle e in Euripide, autori del V secolo a.C. – fino al De reditu (2004) di Claudio Bondì, tratto dall’omonimo poema autobiografico del narbonense Claudio Rutilio Namaziano, risalente ai primi decenni del V secolo d.C.

Tenuto conto di una maggiore autonomia creativa e di un dialogo immediato con ogni studente, il post inaugurale del nostro blog ha inteso proporre una riposta parziale e soggettiva – gli esempi, com’è facile immaginare, avrebbero potuto affastellarsi a migliaia – alla domanda sul senso e la funzione del greco antico e del latino nel XXI secolo. Questi brevissimi accenni bastano comunque, di per sé, a ricordare a chi è in cerca di semplici “ripetizioni” l’utilità delle lezioni private – definizione senza dubbio più corretta e rispettosa del contributo didattico di chi fornisce la propria competenza agli studenti interessati a migliorare non solo nelle prestazioni accademiche, ma anche nella consapevolezza della posta in gioco e nell’auto-motivazione.

Per ora, ci siamo limitati ad osservare quanto segue: la conoscenza di queste due lingue è essenziale per dare spessore al nostro presente. I numerosi riflessi del passato nella nostra contemporaneità sono già un motivo sufficiente a giustificare l’interesse per gli idiomi che di quella cultura antica furono i vettori.

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La seconda risposta – divisa in più puntate – sarà, se si vuole, più “tecnica”, dando riscontro al quesito: “la civiltà antica si riflette in tanti aspetti del nostro tempo, anche nella lingua. Va bene. Ma, a parte la migliore coscienza di cosa è la cultura in cui vivo, in che modo studiare il greco classico e il latino mi serve in termini puramente linguistici?”. Quale sia il loro contribuito in tal senso e in che modo le lezioni provate ci aiutino a scoprirlo, a valorizzarlo e a metterlo in pratica anche nell’apprendimento delle lingue moderne comincerà ad emergere con assoluta chiarezza a partire dal prossimo post.

 

 

 

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Massimo
Ho un PhD in Filologia e varie pubblicazioni all'attivo. Con un'esperienza teorica e pratica pluridecennale, trovo stimolante condividere la mia passione per la comparazione culturale insegnando le lingue classiche antiche e le lingue germaniche moderne.Contattare
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